4. Immagine della scienza, immaginario scientifico, immaginazione scientifica

 

 Il quarto “Call for papers” della rivista online Figure dell’immaginario propone una mise en abîme del rapporto tra la scienza e l’ambito iconico da articolare su tre assi.

1. Immagine della scienza - Ogni scienza, naturale o umanistica, interroga il proprio statuto epistemologico dall’interno, in merito alla validità del metodo e dei principi che la caratterizzano, e dall’esterno, delineando la sua posizione rispetto alle altre scienze (prossime o lontane). L’affinità tra ambiti scientifici ha generato nel corso del XIX secolo la divisione tra scienze della natura e scienze umane (o dello spirito), che si riassumerebbe nella distinzione metodologica spiegare/comprendere, letta spesso in termini oppositivi. Nella seconda metà del XX secolo tale confine si è però rivelato artificiale: di fronte a problemi non risolvibili con i tradizionali paradigmi della scienza galileana-newtoniana, le scienze naturali hanno riformato il proprio metodo e abbandonato l’ideologia del paradigma unico. La rivoluzione epistemologica non ha però portato alla configurazione di nuove “alleanze” disciplinari, quanto alla frammentazione sempre più marcata dei saperi. Sul versante delle scienze umane è in atto un processo quasi speculare, la cui maggiore novità consiste nel ricorso all’analisi quantitativa in molte discipline umanistiche (ad es. sociologia, psicologia, antropologia etc.). La situazione di parcellizzazione e ibridazione delle odierne scienze invita dunque a ripensare l’immagine della scienza nella nostra cultura. I contributi potranno avere in tal senso un carattere interdisciplinare e disciplinare, seguire un approccio storico-evolutivo o concentrato su alcune questioni epistemologiche di grande attualità.

2. Immaginario scientifico - L’evoluzione delle scienze si mostra spesso nell’uso e nel significato attribuito ai simboli e alle immagini. Ad esempio il triangolo, la sfera, la piramide non hanno lo stesso valore per i pitagorici e per i fisici moderni. Per interrogare il “tenore” iconico di un’immagine in una o più scienze occorre pertanto approfondirne il “valore” simbolico e gnoseologico. In altri termini si tratta di cogliere le risonanze tra le diversi funzioni che assume un’immagine sia sul piano oggettivo (pensarla come emblematica e esemplificativa di una certa epistème) sia sul versante soggettivo (saper individuare le componenti non solo razionali, ma anche sensibili-affettive presenti nell’immagine).

3. Immaginazione scientifica - La riflessione sulla scienza si intreccia inevitabilmente ad una riflessione sull’uomo e sul suo potere conoscitivo. L’indagine gnoseologica e l’individuazione della facoltà da esercitare e educare nella ricerca scientifica è un leitmotiv del pensiero occidentale che non ha perso la sua vitalità. La rivoluzione dei saperi ha messo infatti in dubbio la tradizionale distinzione tra sensibilità, immaginazione e intelletto e, conseguentemente, l’assimilazione della scienza a “prodotto” dell’intelletto sembra oggi riduttiva e superata. Anche il terzo asse, come i due precedenti, è suscettibile di letture diacroniche – che prediligono l’approccio storiografico – e sincroniche a partire da alcuni problemi e aspetti della scienza contemporanea.

Presentazione

4. Immagine della scienza, immaginario scientifico, immaginazione scientifica

 

 Il quarto “Call for papers” della rivista online Figure dell’immaginario propone una mise en abîme del rapporto tra la scienza e l’ambito iconico da articolare su tre assi.

1. Immagine della scienza - Ogni scienza, naturale o umanistica, interroga il proprio statuto epistemologico dall’interno, in merito alla validità del metodo e dei principi che la caratterizzano, e dall’esterno, delineando la sua posizione rispetto alle altre scienze (prossime o lontane). L’affinità tra ambiti scientifici ha generato nel corso del XIX secolo la divisione tra scienze della natura e scienze umane (o dello spirito), che si riassumerebbe nella distinzione metodologica spiegare/comprendere, letta spesso in termini oppositivi. Nella seconda metà del XX secolo tale confine si è però rivelato artificiale: di fronte a problemi non risolvibili con i tradizionali paradigmi della scienza galileana-newtoniana, le scienze naturali hanno riformato il proprio metodo e abbandonato l’ideologia del paradigma unico. La rivoluzione epistemologica non ha però portato alla configurazione di nuove “alleanze” disciplinari, quanto alla frammentazione sempre più marcata dei saperi. Sul versante delle scienze umane è in atto un processo quasi speculare, la cui maggiore novità consiste nel ricorso all’analisi quantitativa in molte discipline umanistiche (ad es. sociologia, psicologia, antropologia etc.). La situazione di parcellizzazione e ibridazione delle odierne scienze invita dunque a ripensare l’immagine della scienza nella nostra cultura. I contributi potranno avere in tal senso un carattere interdisciplinare e disciplinare, seguire un approccio storico-evolutivo o concentrato su alcune questioni epistemologiche di grande attualità.

2. Immaginario scientifico - L’evoluzione delle scienze si mostra spesso nell’uso e nel significato attribuito ai simboli e alle immagini. Ad esempio il triangolo, la sfera, la piramide non hanno lo stesso valore per i pitagorici e per i fisici moderni. Per interrogare il “tenore” iconico di un’immagine in una o più scienze occorre pertanto approfondirne il “valore” simbolico e gnoseologico. In altri termini si tratta di cogliere le risonanze tra le diversi funzioni che assume un’immagine sia sul piano oggettivo (pensarla come emblematica e esemplificativa di una certa epistème) sia sul versante soggettivo (saper individuare le componenti non solo razionali, ma anche sensibili-affettive presenti nell’immagine).

3. Immaginazione scientifica - La riflessione sulla scienza si intreccia inevitabilmente ad una riflessione sull’uomo e sul suo potere conoscitivo. L’indagine gnoseologica e l’individuazione della facoltà da esercitare e educare nella ricerca scientifica è un leitmotiv del pensiero occidentale che non ha perso la sua vitalità. La rivoluzione dei saperi ha messo infatti in dubbio la tradizionale distinzione tra sensibilità, immaginazione e intelletto e, conseguentemente, l’assimilazione della scienza a “prodotto” dell’intelletto sembra oggi riduttiva e superata. Anche il terzo asse, come i due precedenti, è suscettibile di letture diacroniche – che prediligono l’approccio storiografico – e sincroniche a partire da alcuni problemi e aspetti della scienza contemporanea

 

Biodialogia. Individuazione, trasduzione e semplessità nella relazione educativa

Salvatore Grandone, Biodialogia. Individuazione, trasduzione e semplessità nella relazione educativa

Il puerocentrismo ha generato in pedagogia e sul versante normativo una vera e propria rivoluzione copernicana. Sembrano però persistere le coppie dualistiche mente/mondo, soggetto/oggetto e una comprensione dell’apprendimento nei termini di una Gestalt, in cui la “figura” dell’alunno si staglierebbe sullo “sfondo” del mondo. Con l’eccessiva attenzione al discente si profila il rischio paradossale, già visibile nella Raccomandazione europea, di piegare inconsapevolmente la didattica alle esigenze di un orizzonte anonimo, irriflesso, che determina a priori le presunte competenze chiave del futuro cittadino europeo. Un ripensamento appare allora necessario per superare l’ambigua diade soggetto-oggetto e mettere al centro la relazione educativa come insieme di operazioni che dal piano biologico si sviluppano su quello psichico e sociale, subendo un processo di amplificazione e propagazione che coinvolge discenti, docenti e istituzioni senza pericolose distorsioni focali.    

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La ragione dello "sragionare". Logica informale, fallacie logiche, bolle epistemiche

fallacie logiche

 

La ragione dello "sragionare". Logica informale, fallacie logiche, bolle epistemiche

Intervista a Silvia Molè

(a cura di Pasquale Vitale)

Proponiamo un'interessante intervista a Silvia Molè, esperta di logica, giornalista e blogger del sito fallacielogiche.it, sulle ragioni  delle fallacie logiche. Si delinea un percorso avvicente nei processi sottesi alle argomentazioni quotidiane, in cui entrano in gioco schemi inferenziali intrisi di emozioni e motivazioni pratiche che si rivelano fondamentali per ripensare lo statuto della logica e riscoprirne la profonda matrice antropologica.

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Entre savoir et création : l'Eurêka D'Egar Allan Poe

Eruzione dell'Etna del 1766, incisione colorata di Alessandro D'Anna.jpg

 

Jean-Marie Barthélémy, Entre savoir et création : l'Eurêka D'Egar Allan Poe

Nous vous proposons un article de Jean-Marie Barthélémy .- professeur de Psychopathologie et Psychologie clinique (Université de Savoie-Chambéry) et ex-directeur et co-fondateur du Centre d'Etudes et de Recherches Interdisciplinaires sur les processus de la Création (Université de Savoie) - sur l'Eurêka d'Edgar Allan Poe. L'auteur décrit au fil de son analyse le mouvement d'un texte qui se déploie à l'intérieur d'«une tension maximale vers la réalisation», « entre une exigence farouche de savoir et un impérieux besoin d’expression». En effet, «le savoir chez Edgar Poe n’a que bien peu à voir avec une somme d’acquisitions pourvoyeuse d’une production érudite ; d’abord et foncièrement il relève d’un défi, d’un enjeu individuel où chaque homme s’expose à des risques, parmi lesquels celui de se confronter à sa propre énigme».

Vi proponiamo un articolo di Jean-Marie Barthélémy - professore di Psicopatologia e Psicologia clinica (Université de Savoie-Chambéry) e ex-direttore e co-fondatore del Centro di Studi e di Ricerche Interdisciplinari sul processo della Creazione (Université de Savoie) - sull'Eurêka di Edgar Allan Poe. L'autore descrive nella sua analisi il movimento di un testo che si dispiega all'interno «di un'estrema tensione verso la realizzazione», tra «un desiderio selvaggio di conoscenza e un imperioso bisogno di espressione». Infatti, «il sapere in Edgar Poe ha ben poco a che vedere con un accumulo di nozioni rivolto ad una produzione erudita. Si tratta piuttosto di una sfida, di un impegno individuale in cui ogni uomo si espone a dei rischi, tra cui quello di confrontarsi con il proprio enigma».

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L'antropologia culturale nella scuola europea contemporanea

Risultati immagini per antropologia culturale

Nicoletta Capotosti, L'antropologia culturale nella scuola europea contemporanea

La tesi che l'antropologia culturale dovrebbe avere un posto centrale nella scuola contemporanea è qui sviluppata intorno a due perni, entrambi incardinati sul presupposto che la nostra società debba educarsi al multiculturalismo per affrontare i numerosi cambiamenti in atto, i quali - se ignorati - rischiano di comprometterne la stabilità. Lo svolgimento considera l'utilizzo pratico delle scienze umane, indagando fino a che punto le questioni di ordine epistemologico sullo statuto di queste discipline si ripercuotano sulla difficoltà che esse hanno nel trovare legittimazione come competenze professionali. Il cuore dell'argomentazione sostenuta è che, al di fuori del mondo accademico, questi saperi, che pure presentano una chiara connotazione operativa e quindi professionalizzante, non sono riconosciuti pienamente in tale funzione. Questo ha a che fare con il ruolo che l'immaginario della nostra cultura affida alle scienze, definite morbide, in virtù del loro metodo qualitativo.

Il primo argomento svolto concerne l'apporto formativo che la competenza antropologica offre alla professione del docente. Il connubio tra i due ambiti - avviato alla teorizzazione nella seconda metà del secolo scorso (Spindler 1954) - non ha avuto un proficuo seguito. Oggi esso richiede ulteriori sviluppi: le politiche educative dovrebbero concentrarsi sull'esigenza di una pedagogia interculturale e sulla presenza, nelle istituzioni, di mediatori culturali.

Il secondo tema riguarda la regolamentazione dell'accesso ai percorsi abilitanti, ovvero l'inclusione del titolo di laurea magistrale in antropologia - che inspiegabilmente ne è stato escluso fino ad oggi - ai concorsi per l’insegnamento. In particolare si discute la recentissima revisione delle classi di abilitazione con l’istituzione della A-23 per l’insegnamento dell’italiano agli stranieri. Dopo l’iniziale prospetto in cui, di fatto, il governo si era limitato ad accorpare alcune delle classi di concorso già esistenti, le numerose critiche provenienti dalle università e dall’opinione pubblica, hanno indotto la settima commissione a riformulare il quadro complessivo. Nell’ultima versione l’antropologia trova finalmente posto tra gli altri titoli di accesso, anche per il suo più naturale sbocco – la classe A18 ex A036 (Scienze Umane), paradossalmente negatole finora. Permangono però significativi dubbi sulle modalità attuative e sull’esistenza di una consapevolezza teorica e pedagogica alla base del provvedimento.

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