SANDRO DE FAZI, Il dramma dell'ultimo Virgilio

 

 

Il dramma dell'ultimo Virgilio

 

 

Sandro De Fazi, Il dramma dell’ultimo Virgilio, Zermeghedo (Vi) , Edizioni Saecula, 2017

 

Recensione di Salvatore Grandone

 

Il saggio offre un percorso originale all’interno dell’opera virgiliana e pone allo stesso tempo alcuni importanti interrogativi sul “come” della critica letteraria. L’autore non si limita infatti a tracciare un Virgilio più problematico, a liberare il poeta da alcuni stereotipi ancora molto radicati nei manuali scolastici; De Fazi si interroga anche sul modo di fare critica letteraria e filologia, delineando un approccio scientifico al testo letterario, che evita le impasses tecnicistiche e spesso oziose della produzione accademica.

Forma e contenuto si sviluppano nel volume in modo armonioso: la questione metodologica si nutre di domande essenziali sollevate sull’uomo Virgilio e sulla sua opera; d’altro canto, tali interrogativi sono arricchiti e si moltiplicano grazie al graduale dispiegarsi di una strategia di ricerca aperta alle suggestioni e alle risonanze del classico nel nostro presente. In proposito, è interessante osservare come De Fazi rielabori le tesi di Croce e di Mommsen con il notevole risultato di aderire a un “sano” storicismo, che prende le distanze dalla deriva relativistica e da quella idealistica. In altri termini, sin dalle prime pagine del libro, si avverte l’esigenza di pensare Virgilio nella sua attualità senza però appiattirlo sul nostro “oggi”.

Il sapiente gioco di allontanamento e di avvicinamento di Virgilio dall’orizzonte contemporaneo è condensato nel titolo stesso del saggio “Il dramma dell’ultimo Virgilio”, che contiene in sé una domanda, un bisogno e un’ipotesi. La domanda è semplice e diretta: per quale «inammissibile ragione Virgilio intendeva bruciare l’Eneide, la grande incompiuta?» (p. 13). Pochi critici hanno preso sul serio il quesito; spesso si glissa, ricorrendo al luogo comune di un Virgilio modesto e perfezionista. De Fazi dà invece valore all’intenzione di Virgilio e la ricolloca all’interno di un “dramma”, quello dell’“ultimo Virgilio”, ossia di un uomo, che, dopo la tragica sorte dell'amico Cornelio Gallo e la morte di Mecenate (8 a.C.), non condivide la svolta autoritaria – in parte già tirannica – della politica di Ottaviano. Il dramma è allora nel dissidio interiore di Virgilio, che si interroga sul proprio ruolo in un contesto, in cui è difficile, se non impossibile, l'equilibrio tra potere e cultura. È evidente allora il bisogno celato nel titolo: il dramma di Virgilio è in un certo senso il nostro; la domanda ha la sua radice nella condizione di spaesamento dell’intellettuale contemporaneo, che, dietro la celebrata libertà di pensiero e di espressione, si rivela sempre più asservito alle logiche politico-economiche dei mass media. Ma l’autore – come si è detto – non cade nell’anacronismo, non a caso insiste su come il termine “intellettuale” non possa essere attribuito a Virgilio, in quanto il suo significato moderno si delinea solo alla fine del XIX secolo. «I primi intellettuali in senso tecnico sono stati Zola e Proust, primi firmatari del Manifeste des intellectuels, dopo il “J’accuse” di Zola a favore di Alfred Dreyfus. Siamo nel 1898» (p. 34). L’esigenza del presente è quindi trasformata da De Fazi in un’ipotesi, sviluppata e valorizzata da un metodo di indagine interdisciplinare e attraverso uno stile che dà spazio al momento argomentativo e a quello narrativo, alle efficaci sintesi e alle utili digressioni. Per semplificare l’ipotesi del saggio, si potrebbe forse ricorrere a due immagini: “Il dramma dell’ultimo Virgilio” contiene la lente di ingrandimento per comprendere l’opera virgiliana e il prisma per riflettere sulla letteratura dell’età augustea e, più in generale, dell’età imperiale. La lente di ingrandimento, ossia il dramma che segna l’evoluzione della produzione virgiliana, è infatti anche il prisma che si rifrange, con sfumature più accese, in autori come Ovidio e Cornelio Gallo, sempre in età augustea, e, in forme in parte affini, nelle epoche successive.