SALVATORE GRANDONE, L'esercizio del pensiero. Filosofia per concetti

 

Salvatore Grandone, L’esercizio del pensiero. Filosofia per concetti, Santarcangelo di Romagna, Diarkos, 2020

Recensione di Nicoletta Capotosti

La proposta dell'autore porta avanti un'idea complessiva e decisa sull'insegnamento della filosofia, e lo fa attraverso un esempio, una sorta di esperimento, utile a docenti e studenti ma anche a chi voglia assecondare i propri interessi filosofici, avvicinandosi autonomamente alla speculazione sui temi classici del pensiero occidentale. I lettori troveranno in queste pagine un linguaggio chiaro e scorrevole, capace di rendere le differenti prospettive su alcuni tradizionali concetti; i destinatari più diretti - docenti e studenti dei licei - potranno anche attingere ad un eserciziario espressamente volto a potenziare la competenza argomentativa.

Lo scritto - che soddisfa quindi esigenze diverse - mostra una solidità pedagogica da cui trapelano grande esperienza sul campo della scuola e notevole attitudine a rendere la complessità concettuale nei termini il più possibile vicini alla sensibilità di studenti liceali. Ogni capitolo è dedicato ad una categoria filosofica: l'Essere, la Libertà, la Giustizia, la Felicità, il Male, la Verità, l'Altro, la Coscienza, l'Arte. L'approccio alla trattazione è discorsivo e privo di definizioni scolastiche. Orientato a scandire - esplicitando ogni passaggio del ragionamento - le pieghe interne e le implicazioni dei costrutti esaminati, ciascun percorso si serve delle più note e autorevoli prospettive filosofiche per rendere evidente, a chi legge, l'utilità pratica dei concetti, l'importanza di disporne con chiarezza e capacità di discernimento nelle situazioni del vivere quotidiano. Su ciascuna voce, l'autore lascia intervenire - servendosi di passi antologici scelti - filosofi che sostengono tesi diverse o opposte; analizzando con sintesi e precisione le differenti visioni, egli mostra al lettore l'importanza di adottare uno sguardo prospettico per costruire una propria opinione.

L'impostazione didattica sottesa a questo approccio è una coraggiosa presa di posizione (coraggiosa soprattutto nel contesto scolastico italiano) a favore dell'insegnamento per concetti (o per temi) della disciplina filosofica. È l'autore stesso che - nell'introduzione al volume - dichiara in modo esplicito tale scelta, motivandola a fondo, con riferimento ai principali documenti ministeriali in vigore nella scuola italiana.

La riflessione di Grandone su questo aspetto affonda le radici nella sua esperienza di studioso formatosi in contesto francofono, dove - lavorando anche come docente - egli ha potuto osservare i caratteri di un sistema scolastico in cui il taglio dei contenuti è effettuato prediligendo criteri non storicistici. Ho un ricordo nitido delle discussioni che hanno caratterizzato i nostri primi anni di insegnamento e di come la dicotomia tra approccio storico-diacronico e approccio tematico-sincronico alla pratica didattica abbia progressivamente perso la forma del dilemma, per assumere quella di una continua sperimentazione in aula con gli studenti, e di assiduo confronto tra noi. Alcune intuizioni di quegli anni sono state sviluppate dall'autore in lavori successivi i quali, pur avendo un tenore accademico, sono tutti diretti ad indagare le molteplici forme dell'elaborazione concettuale; penso ai bellissimi scritti su Bergson, con particolare riferimento a quello sull'immagine mediatrice (L'immagine mediatrice. Bergson storico della filosofia) e soprattutto alla pubblicazione, per la prima volta in Italia, di uno dei corsi liceali tenuti da Bergson (Corso di psicologia. Liceo Henri IV 1892-1893, Mimesis, 2017), di cui Grandone ha curato la traduzione e l’introduzione. Di queste lezioni egli dà, infatti, un'interpretazione che le pone in continuità con la filosofia ufficiale del pensatore (ivi, Introduzione): nell'insegnamento, Bergson - adottando un approccio coerente con il modello francese - fa dialogare le prospettive teoretiche su singoli temi, mettendo in rilievo le aporie filosofiche, indicando la via del ragionamento, senza lasciar trapelare la propria posizione, incentivando quindi gli studenti a riflettere su di sé per dare fondamento alle proprie opinioni.

La filosofia per concetti ha, inoltre, ricevuto un prezioso contributo da Adorno che, in Terminologia filosofica, sottolinea la differenza tra filosofia e scienze positive imputandola al rapporto che queste discipline hanno con il linguaggio. Da questa pietra miliare della filosofia contemporanea emerge in modo esemplare come un’introduzione alla terminologia filosofica sia un’introduzione al filosofare.

Nel volume qui presentato Grandone fa tesoro di questi spunti, dando forma ad una proposta originale e innovativa. Sebbene - come egli stesso faccia notare - quasi tutti i manuali siano oggi accompagnati da fascicoli che affrontano percorsi tematici, è possibile evidenziare significative differenze tra questi prodotti e l'idea che trapela da L'esercizio del pensiero. La più evidente riguarda, a mio parere, la rilevanza qui data alla trasposizione dei problemi in chiave esperienziale. La tendenza dominante nei manuali è, al contrario, quella di rapportare l'analisi concettuale al contesto storico delle filosofie. Per Grandone, non si tratta solo di contravvenire all'indicazione di affrontare gli autori rispettandone la scansione cronologica, raccomandazione espressamente citata nei documenti ministeriali (p. 9); ciò a cui egli mira è piuttosto far sì che anche chi non possegga un’adeguata rappresentazione del contesto storico cui i contributi teoretici appartengono possa fare di essi un uso positivo in termini esistenziali (non solo dal punto di vista di un esercizio logico-argomentativo). Quello che stupisce, infatti, è la straordinaria plasticità con cui l'autore, prendendo in esame temi che ordinariamente (nella pratica didattica) vengono inquadrati in precise cornici epistemiche, riesca a spostarsi dal piano "più proprio" a quello personale-soggettivo, senza mai banalizzare e sempre mantenendo il rigore dell'argomentazione.

Proponiamo un paio di esempi sul modo di procedere di Grandone. Partiamo dal concetto di Verità. La trattazione muove da un elenco vario di sue possibili occorrenze, con una prima generalizzazione: in tutti i suoi usi, il concetto di Verità deve essere distinto da quello di Realtà; «la realtà è l'insieme delle cose esistenti, mentre la verità riguarda l'ambito del discorso razionale sulle cose» (p. 85). Essa, infatti, è concepita (già da Parmenide) come identità tra pensiero e realtà. La Verità è, cioè, un isomorfismo (p. 86). Si tratta di una definizione rigorosa e subito resa intuitiva da un esempio molto calzante:

«Ipotizziamo di vivere in una grande città e di dover prendere la metropolitana. Per orientarci nel nostro viaggio useremo la mappa della metro (...) Questa rappresentazione del nostro percorso è vera perché, chiariti i segni utilizzati, tra la mappa e la realtà sussiste una corrispondenza, nel senso che la relazione tra gli elementi della mappa è identica alla relazione tra le stazioni della metro» (Ivi).

Il passaggio successivo è quello di isolare i caratteri della verità (universale, necessaria, generale, assoluta). Anche in questo caso l'autore svolge le sue considerazioni utilizzando esempi concreti (nella fattispecie l'addizione di due numeri).

La categoria di Verità è dunque complementare a quella di Opinione. La dicotomia è affrontata citando un breve passo tratto dal Teeteto platonico, la cui analisi introduce un esercizio da svolgere: riflettere su quali discipline scolastiche ricorrano - secondo lo studente - alla nozione di verità discussa. Il sentiero tracciato provocherà, nella definizione, uno slittamento semantico, includendo in essa utilizzi più estesi, risalenti ad epoche successive alla sua versione classica.

L'interrogativo è ancora epistemologico ma stimolando una discussione sulle scienze storiche e umane, esso avvicina l'interlocutore alla dimensione della soggettività. Innestandosi su questo nodo, l'autore vira quindi sul piano etico, suggerendo una riflessione sulla relazione tra possesso della verità e vita felice. In un filone classico «la verità è intesa come un sapere che trasforma e migliora l'individuo, conducendolo alla felicità. In tale contesto, perseguire la verità significa ricercare se stessi. La verità è associata all'ambito semantico della autenticità e della sincerità (...) di chi non nasconde la propria identità agli altri. Ma questa svolta soggettiva nel problema della verità pone nuovi dubbi. La sincerità è possibile? Bisogna sempre dire la verità? La verità rende felici?» (p. 97). Una traccia di riflessione è offerta al lettore dalla disputa Kant-Constant.

Analogo il percorso sulla Libertà, concepita come «la condizione che permette al soggetto di agire senza impedimento, assecondando la propria volontà» (p. 35). Per prendere una posizione rispetto a cosa - secondo noi - ci renda liberi, è necessario specificare quali sono gli impedimenti che riteniamo possano ostacolare la volontà e se sia possibile rimuoverli tutti (in altri parole se esista una libertà totale). Con l'invito a stilarne un elenco, il lettore sente nuovamente slittare sotto di sé il piano di appoggio: solo affrontando il ruolo di sentimenti e passioni nell'esercizio della volontà, interrogandosi quindi intimamente sulla propria condotta, potrà ristabilire l'equilibrio... L'esercizio filosofico è infatti un moto vertiginoso del pensiero che ci avvicina a noi stessi mettendoci in rapporto al tutto: «Il filosofo elabora concetti quando pensa la realtà nella sua totalità, ossia quando ragiona secondo il tutto» (p. 19).

In L'esercizio del pensiero, Grandone si rivolge direttamente a colleghi e studenti, con un linguaggio scevro da autoreferenzialità, per condividere la prassi di un filosofare fluido e limpido, il quale - pur non sottraendosi alla sfida della complessità - ha il coraggio di mettere al centro l'interlocutore.