PAULO BUTTI DE LIMA, "Il piacere delle immagini. Un tema aristotelico nella riflessione moderna sull’arte"

Paulo Butti De Lima, Il piacere delle immagini. Un tema aristotelico nella riflessione moderna sull’arte, Firenze, Olschki, 2012

Recensione di Salvatore Grandone

Il saggio affronta le ricadute di alcuni concetti chiave della Poetica di Aristotele nella riflessione moderna sull’arte, coprendo un periodo cronologico che va dal Rinascimento fino a Kant. Il punto di partenza è la teoria della mimesis che per lo Stagirita è intimamente connessa al piacere, alla conoscenza e alla possibilità di rendere piacevole lo spregevole. Nell’arte l’imitazione costituisce infatti una fonte autonoma di piacere, al di là dell’oggetto scelto che può essere ripugnante in natura, come ad esempio animali spregevoli e cadaveri (Poetica IV, 1448 b 9-12). D’altra parte il piacere dell’imitazione rinvia per Aristotele all’imparare e ragionare «su ciò che è ogni cosa, ad esempio, che costui è colui» (Poetica, IV, 1448 b 12-17) e pertanto, in seno al diletto generato della riproduzione, si fa luce uno scopo conoscitivo che può subire delle declinazioni anche morali e edificanti.

Tracciato l’orizzonte di senso della mimesis aristotelica, De Lima si sofferma sulle diverse traduzioni, dapprima in latino e successivamente in volgare, dell’espressione atimotata theria che da molti commentatori del Rinascimento verrà traslata in animali feroci (agriotata). In alcuni commenti della Poetica sparisce inoltre il riferimento ai cadaveri che era già stato omesso da Avicenna nel Medioevo.

L’excursus filologico manifesta un dibattito teorico che ha coinvolto letterati, filosofi e artisti del Rinascimento sulla possibilità di rappresentare oggetti in sé non belli. All’interno di tale confronto si delineano delle letture che mettono in primo piano il piacere suscitato dall’imitazione, altre invece l’obiettivo propriamente teoretico, fondendo, in alcuni casi, la lezione aristotelica sull’imitazione con quella platonica. Sullo sfondo si pone il problema pratico della scelta degli oggetti da imitare, questione che conduce De Lima a indagare sulle importanti ricadute figurative della Poetica.

Particolare attenzione è rivolta all’opera pittorica di Rubens e alla sua celebre Testa di Medusa che inscena una lettura del passo aristotelico. Il soggetto storico è qui posto ai margini della raffigurazione, mentre prevale la rappresentazione, con gusto del dettaglio, della testa mozzata e dei vili animali che la attorniano. Nella Poetica di Aristotele non vi è un riferimento esplicito a esseri fantastici (come la Medusa), ma Rubens riprende gli atimotata theria e i cadaveri e ne offre un’originale sintesi nella testa di Medusa.

Le declinazione pittorica costituisce un importante risvolto sul versante artistico della Poetica, in quanto «è la stessa natura dell’immagine e il piacere connesso all’atto mimetico che si pongono come oggetto della narrazione» (p. 137). In tal senso la pittura rilancia anche la riflessione teorica, suggerendo «l’autonomia dell’immagine rispetto al suo oggetto e del piacere rispetto alla norma morale» (p. 149).

Nel Settecento, la mimesis aristotelica subisce un’ulteriore problematizzazione nel tema del sublime che, dopo Burke, sviluppa un’estetica dove agli animali spregevoli o feroci e ai cadaveri si sostituiscono i paesaggi e gli spettacoli naturali evocatori dell’infinito. La scelta dei nuovi oggetti è giustificata attraverso una lettura dello Stagirita che opta per un legame più stretto tra piacevole e oggetto rappresentato.  

De Lima chiude e riapre così un discorso sull’imitazione che presenta molteplici sfumature, in cui la Poetica, lungi dell’essere un canone teorico da rispettare o rigettare, diventa una fucina di riflessioni sull’arte e di pratiche artistiche che serbano una profonda attualità.