GIACOMO GATTI, "Le ragioni della memoria. Le ragioni dell'oblio"

Giacomo Gatti, Le ragioni della memoria. Le ragioni dell'oblio, Monza-Brianza, Limina Mentis, 2009.

Recensione di Luca Ferrara

 Il poderoso testo di Giacomo Gatti — Memoria e oblio — è un libro coraggioso, come lo è allo stesso tempo la casa editrice Limina mentis che ha preso su di sé il gravoso compito di pubblicare un testo non più linea con le linee dell’editoria italiana. Il testo di Gatti si pone come obiettivo di «delineare una storia del concetto di memoria e dimenticanza» (p.8), muovendo dalla riflessione speculativa occidentale, per poi integrarla con le scoperte del ‘900 in ambito neuro-scientifico. Dopo una prefazione e un’accurata introduzione, il libro si articola in tre sezioni: 1) Dai presocratici a Ricoeur; 2) La memoria nell’era dell’informatica; 3) Tra memoria e dimenticanza. Infine, dopo la conclusione, il testo presenta un’accurata e aggiornata bibliografia. Tale articolazione consente al lettore di poter leggere in modo autonomo ogni sezione del testo. Ad un primo sguardo il testo di Gatti potrebbe apparire una sommatoria di citazioni, di parafrasi, di informazioni su un tema  complesso come la memoria e l’oblio. Ma al contrario il testo dell’A. si presenta ricco di spunti e di riflessioni, pur tenendo fede all’obiettivo iniziale di delineare una storia della memoria e della dimenticanza. Per Gatti memoria e oblio non costituiscono una polarità antitetica, ma un binomio concettuale cooriginario: non si può ricordare, se non dimenticando. La memoria attua il suo compito, laddove seleziona i ricordi. Inoltre, obiettivo dell’A. non è solo ripercorrere i momenti salienti di una storia della memoria e dell’oblio, ma è anche «dare nuovo impulso a quella riflessione sulla memoria e sulla dimenticanza» (p.18).  Andiamo ad analizzare ora come l’A. consegue i due obiettivi.

   La prima sezione, articolata in ventitre capitoletti, delinea un percorso storico-teoretico sull’asse speculativo memoria-oblio. Il lettore è libero di scegliere di leggere o l’intera sezione o i singoli capitoli degli autori che lo interessano. Le analisi condotte da Gatti alla luce del suddetto binomio concettuale sono sempre molto accurate. Nel corso della lettura abbiamo trovato molto interessante lo studio che l’autore fa del tema memoria-oblio in Tommaso d’Aquino, spesso trascurato dagli interpreti del pensatore medievale. Per l’Aquinate esistono due tipi di memoria: una sensibile chiamata facoltà immaginativa, che conserva i dati provenienti dall’esterno; una di origine intellettuale, la memoria vera e propria, capace di trattenere le specie intenzionali (pp. 42-45).  La memoria fa leva non sull’anima o sul corpo, ma sul composto anima-corpo.  L’A. poi passa ad illustrare il complesso problema delle idee innate nel pensiero del Dottore Angelico. Infine Gatti coglie un’intuizione davvero sorprendente del pensatore medievale: la necessità di pentirsi di aver dimenticato i peccati mortali. La dimenticanza dei peccati è dovuto ad una negligenza imputabile al peccatore, non completamente involontaria. Per tale ragione l’A. istituisce un parallelo significativo tra Tommaso e Freud, tra la negligenza come causa dell’oblio e la rimozione di un passato troppo duro da accettare per il nostro Io.

   Tra gli autori moderni, Gatti dà particolare attenzione al pensiero di Kant, mettendo in luce il suo contributo alla nozione di memoria. La Kant-Forschung , pur avendo dato ampio spazio al tema del tempo, ha trascurato il tema della memoria, probabilmente perché nella Critica della ragion pura manca una definizione di questo concetto. Nell’Antropologia pragmatica, il filosofo tedesco definisce la memoria come la facoltà volontaria di rappresentarsi il passato. Ma la memoria non è una facoltà autonoma «è strettamente legata all’immaginazione» (p.74) tanto da poterla considerare un’appendice di questa facoltà. Gatti poi passa a studiare la relazione memoria-oblio entro il quadro concettuale della Metafisica dei costumi, e infine Gatti esamina questo binomio concettuale come metafora della vita del filosofo di Königsberg. La vita di Kant, giunta al suo tramonto fu un susseguirsi di ricordi e di amnesie: la malattia mentale ne inficiò la capacità mnemoniche, fino al punto che, non ricordandosi di aver licenziato il suo vecchio maggiordomo,  doveva ricordarsi di dimenticare Lampe (il vecchio maggiordomo) (cfr. pp. 80-82).

   La prima sezione poi continua ad indagare tale tema su alcuni dei pensatori maggiori dell’Ottocento e del Novecento, riuscendo così nell’intento di offrire un utile strumento di consultazione (cfr. p.12) per il lettore che cerchi di farsi un’idea sull’argomento.

   La seconda sezione — Informazione e oblio —  analizza il rapporto memoria e oblio nella società contemporanea. La dialettica tra memoria e quantità di informazioni che essa riesce a trattenere è uno dei problemi che da sempre riguardano la società moderna. Tra la memoria e la massa di informazioni alla quale essa ogni giorno può attingere, sussiste una sproporzione non colmabile. L’eccesso di informazione è per sua natura la prima causa dell’oblio nelle società moderne. Ma come dominare questo elemento irrazionale, prodotto della stessa razionalità dell’uomo? Con la tecnologia. Ma gli strumenti tecnologici che man mano ha creato l’uomo per conservare la memoria sono suscettibili essi stessi di dimenticanza. L’A. (sulla scorta degli studi di Lorenzo De Carli) parte dallo studio del più classico supporto della memoria umana: il libro. Ma ciò che dovrebbe supportare la memoria è a sua volta oggetto di dimenticanza, a causa del materiale di cui è composto. Infatti la carta con il tempo  ingiallisce, l’inchiostro dei caratteri tende a sbiadirsi, facendogli perdere la loro forma originaria (p.167). Anche i supporti informatici, nati per sostenere meglio la memoria, non sono esenti dal cadere nell’oblio, in virtù di un’obsolescenza della loro struttura fisica. L’A. coglie la sottile dialettica tra la funzione a cui è chiamato ogni supporto elettronico e la struttura fisica del supporto stesso. In questa relazione strutura-funzione si riverbera la dialettica memoria-oblio. Nella seconda parte del secondo capitolo, Gatti affronta il complesso tema memoria-oblio all’interno delle neuroscienze, soffermandosi con grande attenzione sugli studi di Edelmann e Tononi. I due neuro scienziati, considerati tra i massimi esperti dei problemi della mente, hanno esposto in modo divulgativo parte delle loro indagini in un testo scritto assieme — Un universo di coscienza —. Gatti nota come la novità introdotta da Edelmann non si riduca solo ad una complessa analisi sulla mente, ma si innervi su di una premessa di marca evoluzionistica: la mente umana intesa come cervello, è il frutto della selezione naturale. Tale premessa comporta che ogni cervello di una generazione non è assimilabile totalmente alla generazione precedente, inoltre, il neuro scienziato precisa che non esiste un cervello umano identico ad un altro. Sussiste un’unicità di ogni cervello umano. Su questo punto l’A. nota che «per quanto possa essere difficile da immaginare, ogni cervello appartenente ad un individuo è unico e irripetibile e cangiante in ogni istante della vita dell’individuo stesso» (p. 189).  Gatti poi analizza nel dettaglio molte delle pagine del testo scritto da Edelmann e Tononi, soffermandosi sull’aspetto neuro-biologico della polarità memoria-oblio. Le analisi dei due neuro scienziati permettono di ribaltare l’idea classica della mente come computer. La coscienza, come la memoria non sono software di un hardware. Sono circuiti integrati, non parti scomponibili di un tutto. Infatti, modificare una parte del cervello vuol dire mutare tutto il cervello. Il secondo capitolo del testo si chiude con un’attenta analisi di un libro disgraziatamente dimenticato dalla letteratura secondaria sull’argomento della dimenticanza: L’oblio. Saggio sull’attività selettiva della coscienza. Il testo scritto da Antonio Renda, pubblicato nel 1910,  è una monografia ancora valida sull’argomento, per gli spunti di riflessione che essa offrendo una fenomenologia della dimenticanza.

   Il terzo capitolo, intitolato tra “memoria e dimenticanza”, forse è il più originale dei tre, perché l’A. tenta di venire a capo della polarità cooriginaria che ha tentato di dominare nei due capitoli precedenti. Gatti tenta di impostare su nuove basi il tema oblio-ricordo, cercando di integrare i dati neuro-scientifici con la lunga tradizione della filosofia occidentale. Secondo l’A. l’oblio non va considerato come la semplice dimenticanza, ma come una facoltà attiva della mente umana. La facoltà di dimenticare non è attribuibile solo all’obsolescenza biologica dei neuroni, ma anche ad un determinata abitudine che il soggetto liberamente sceglie. Allora la memoria e l’oblio si situano sullo stretto margine che lega libertà e necessità. La neurobiologia ci indica il limite fisico della memoria; la nostra storia determina l’uso che il confine che noi assegniamo a quel limite. Nella storia recente dell’Occidente spesso, il confine assegnato alla memoria si è giocato sulla pelle dell’uomo divenendo un ricordo imperituro (nei campi di sterminio come nei gulag), impossibile da dimenticare: la memoria come l’oblio sono entrati a far parte di un gioco più grande, prendendo parte alla sorte dell’uomo.

   In conclusione possiamo affermare che il testo di Gatti è una monografia che costituirà una tappa obbligata, sia per gli studenti desiderosi di cimentarsi in un oggetto quanto mai inafferrabile come la memoria, sia per i ricercatori, i quali, spesso, specializzandosi in un settore disciplinare sono vittime della dimenticanza di ricerche prossime alle loro.