FRANCESCO VALERIO TOMMASI, "L’analogia della persona in Edith Stein"

L' analogia della persona in Edith Stein - Francesco V. Tommasi - copertina

 

Francesco Valerio Tommasi, L’analogia della persona in Edith Stein, Pisa, Serra, 2012

Recensione di Salvatore Grandone

Lo studio offre un originale percorso nell’opera di Edith Stein alla luce del concetto di analogia. L’autore dimostra come nella filosofa tomismo e fenomenologia si intreccino in modo fecondo, generando un’ontologia in cui coesistono elementi delle fenomenologia eidetica di Husserl, della fenomenologia esistenziale di Heidegger e della filosofia scolastica, rivisitata da Stein anche attraverso le interpretazioni di Maritain e Przywara. L’analogia assume in Stein una doppia valenza. Da un parte si rivela uno strumento per comprendere la relazione tra i diversi livelli dell’essere. Si mantiene così il significato equivoco del termine ente senza privarlo del suo riferimento alla medesima unità di senso. Dall’altra l’approfondimento dell’analogia entis – a cui è dedicata la prima sezione dello studio di Tommasi  (pp. 22-89) – conduce allo sviluppo in Stein dell’analogia della persona – tale aspetto è analizzato nella seconda parte del saggio (pp. 91-143). Infatti a partire dall’analogia creatore-creature Stein elabora, soprattutto in Essere finito ed essere eterno, una filosofia della persona che si concretizza come percorso speculativo e religioso di ascesa al senso dell’essere. I due aspetti dell’analogia sono scandagliati dalla filosofa attraverso un ripensamento del tomismo con l’ausilio della fenomenologia e della fenomenologia con il ricorso ad alcuni concetti del tomismo. In altri termini nella fenomenologia e nel tomismo Stein individua una profonda convergenza che può condurre la filosofia moderna ad uscire dalla deriva soggettivistica per giungere a una riflessione in cui idealismo e realismo si equilibrano. Il distacco di Stein da Husserl – che per vari anni affiancò come collaboratrice – dopo la pubblicazione del primo volume delle Idee (1913) assume quindi per Tommasi una portata non solo biografica ma anche metodologica. Husserl sembra all’epoca svoltare verso una forma di idealismo trascendentale che per Stein snatura il senso più autentico della fenomenologia. La filosofia di Stein «pur fondandosi  sul dubbio metodico, la riduzione trascendentale e l’io puro», propone «un’impostazione “mediana” tra realismo e idealismo» (p. 42). Nella Introduzione alla filosofia Stein articola in modo chiaro tale prospettiva. Se Stein è «d’accordo con Husserl nel definire l’essere della coscienza come assoluto (…), in contrapposizione soprattutto alla posizione empirico-naturalista che vuole ridurre la vita della coscienza ad epifenomeno dei processi fisici», non afferma però «la non esistenza di un mondo indipendente dalla coscienza» (p. 46). Il tentativo di trovare un equilibrio tra idealismo assoluto e realismo ingenuo conduce Stein ad analizzare in modo autonomo e in chiave analogica molti temi della fenomenologia husserliana. Ad esempio la descrizione del tempo della coscienza è riferita analogicamente all’eternità. «L’essere dell’io è, nell’istante momentaneo in cui è, un essere attuale del tipo dell’essere puro che non ha mutamenti nel tempo. Ma proprio per il fatto di esserlo momentaneamente, l’io non coincide con l’essere eterno stesso, ma ne è solo – così dice Stein esplicitamente – un analogon o una copia (Abbild) di esso, in cui l’aspetto della dissomiglianza prevale su quello della somiglianza» (p. 84). La feconda articolazione somiglianza-dissomiglianza nel concetto steiniano di analogia è anche alla base della rielaborazione del problema dell’intersoggettività che si intreccia alla importanti riflessioni sull’empatia.  In Stein «l’empatia si delinea come un vissuto simile alla percezione, perché presenta in modo diretto, ma dissimile da essa, in quanto non capace di raggiungere immediatamente ed in modo originario il suo ultimo oggetto di riferimento, venendo questo ad essere proprio della coscienza altrui» (p. 114). L’autore completa l’analisi delle declinazioni dell’analogia soffermandosi sugli scritti propriamente teologico-mistici di Stein. Tommasi precisa che Stein distingue «vari livelli di teologia, ossia di discorso sul divino: ad una teologia cosiddetta «positiva» (…), che a partire dal mondo esperibile cerca i nomi che possano essere predicabili di Dio in modo sempre meno imperfetto, si deve contrapporre una teologia “negativa”, che riconosca appunto la limitatezza presente in ogni determinazione e quindi la superi progressivamente, per ottenere una conoscenza migliore del divino» (p. 132). Ora, «la teologia positiva, che Stein ritiene fondata (…) nell’analogia entis, va completata sempre dalla teologia negativa, dunque alla similitudo deve sempre far seguito una maior dissimilitudo; ma l’opposizione tra le due non è ultimativa, perché in certo modo a fondamento di essa, e dunque della via d’ascesa, c’è la “teologia mistica”» (ibid.). Il movimento analogico della conoscenza è così «ricondotto ad un rapporto personale» (p. 133-134) che si delinea nel sua fase più intima e religiosa come relazione tra l’uomo e la croce. Stein studia la vicenda di S. Giovanni della Croce «indagando i suoi primi contatti con l’esperienza della croce e narrandone poi le ulteriori vicende esistenziali» (pp. 141-142). Queste ricerche consentono a Stein di immergersi nella simbologia della croce, la cui densità analogica diventa la cifra del cammino filosofico e biografico della carmelitana. In questi ultimi lavori che precedono di poco il tragico epilogo della vita di Stein, Tommasi puntualizza, con acume filologico e filosofico, come la filosofa «sembra quasi vivere in prima persona il senso di una teoria della persona che non si è mai lasciata ridurre ad un aspetto meramente astratto e che ha trovato il suo apice nel rapporto con la croce» (p. 143). L’analogia si rivela così uno strumento per comprendere la realtà e la propria persona. Nello stesso tempo traccia una strada, un cammino spirituale per raggiungere la grazia e un’autentica libertà. Contributi filosofici e teologici anche molto lontani, trovano pertanto nell’analogia steiniana una profonda armonia che Tommasi riscopre con chiarezza e rigore.