FRANCESCO CRAPANZANO, "Koyré, Galileo e il ‘vecchio sogno’ di Platone"

Francesco Crapanzano, Koyré, Galileo e il ‘vecchio sogno’ di Platone, Firenze, Olschki, 2014

Recensione di Salvatore Grandone

Il testo offre un’originale ricostruzione del Platone di Koyré, partendo dalla dettagliata analisi di due testi, in apparenza minori, del filosofo della scienza. L’autore del saggio analizza infatti L’introduzione a Platone e l’articolo Galileo e Platone per mostrare come la presenza di Platone giochi un ruolo fondamentale nella produzione filosofica di Koyré. Tale interesse ha probabilmente le sue origini nel corso su Platone del fenomenologo Reinach che Koyré seguì con grande attenzione. Dagli appunti presi dal giovane Koyré si evince la presenza di vari nuclei tematici che permangono nell’Introduzione e giustificano in parte la lettura ‘platonizzante’ del pensiero galileano. D’altro canto l’Introduzione si rivela non solo fondamentale per comprendere gli studi maturi sulla rivoluzione scientifica. Emerge anche un fecondo approccio storiografico che ha le sue radici nel presente, ma non appiattisce Platone sulla contemporaneità (p. 39). Lo studio degli aspetti epistemologici del pensiero platonico non è inoltre slegato da Koyré dalle problematiche di carattere etico-politico e dalla questioni educative che pongono l’accento sull’«edificazione dell’uomo» (ibid.)

 L’immagine di Platone delineata da Koyré è quindi situata tra presente e passato, nello spazio di un’interrogazione filosofica che si nutre dell’oggi ricercando, ad un tempo, la precisione filologica. È illuminante in tal senso la ricostruzione della riflessione galileana avanzata da Koyré. Il modo in cui Galileo inserisce degli elementi della filosofia platonica nella propria visione della natura non è colta da Koyré come una mera giustapposizione di vecchio e nuovo. Si tratta piuttosto di un’originale «scelta ontologica, consapevole e meditata,» (p. 73) che conduce il pisano alla matematizzazione della realtà. Dal piano ideale la matematica discende, con Galileo, nella realtà e diventa la chiave d’accesso alla comprensione vera dei fenomeni naturali. A differenza di quelle correnti storiografiche che esaltano del metodo galileano le «sensate esperienze», Koyré mette in primo piano «le necessarie dimostrazioni» che si intrecciano con la ripresa-trasformazione dell’epistemologia platonica e delle sue implicazioni cosmologiche. Certo alla luce della storiografia più recente la lettura proposta da Koyré è in parte superata. Tuttavia – osserva Crapanzano – «senza l’interpretazione koyreiana  (e, in certa misura a prescindere dalla sua bontà) avremmo forse avuto un’immagine di Galileo filologicamente esatta, ma assai più povera sul piano ontologico ed epistemologico, o, se si preferisce, su quello più genuinamente filosofico» (p. 78).

Malgrado le manchevolezze o imprecisioni il Galileo ‘platonico’ di Koyré presenta uno spessore storiografico da non sottovalutare. L’autore del saggio mostra infatti come il Galileo di Koyré dialoghi quasi alla pari con il Galileo di Cassirer. Se quest’ultimo si appoggia su una ben più ampia disamina della filosofia rinascimentale, numerose sono le analogie tra le due immagini di Galileo – del resto Cassirer era a conoscenza dei lavori di Koyré su Galileo. Quanto alle differenze, non sono unicamente riconducibili all’estesa «costellazione di pensiero» (p. 123) tratteggiata da Cassirer.

«Koyré si mostra più audace nell’indicare una ‘rivoluzione ontologica’ alla base della svolta fisico-meccanica galileana, Cassirer non va oltre l’attribuzione di un ‘nuovo metodo’ che ha ‘sapore’ d’antico» (p. 139). Per afferrare il senso profondo di tale divergenza è necessario ricordare che «Cassirer fu esponente di spicco della corrente neokantiana denominata ‘Scuola di Marburgo’» (p. 140). Pertanto «non poteva concedere un ruolo primario né alla metafisica né all’ontologia per restare nell’ambito del trascendentalismo» (ibid.).

Del resto le diversità tra le due riflessioni «non rappresenta un limite, bensì una ricchezza che esalta tanto l’una quanto l’altra interpretazione e contribuisce ad avere un quadro più ampio e articolato intorno a un tema cruciale per la comprensione del pensiero moderno» (p. 141).

Crapanzano chiude il saggio con il confronto tra la lettura fenomenologica di Galileo proposta da Husserl in Krisis e quella di Koyré. Non solo Reinach anche Husserl rappresenta un essenziale punto di riferimento del pensiero koyreiano. L’interpretazione husserliana di Galileo è senza dubbio più teoretica che storica. Husserl esamina infatti la rivoluzione scientifica come filosofo della storia e non come storico della filosofia. Al di là delle differenze tra le due prospettive non si può però affermare la loro estraneità o incompatibilità (p. 151). Koyré condivide sicuramente con Husserl la tesi che la nascita della scienza «sia avvenuta con un atto di fondazione prettamente filosofico-metafisico» (ibid.).

In conclusione «qualunque possa essere l’opinione in merito al platonismo galileano di Husserl, dei neokantiani marburghesi e di Koyré, ci troviamo di fronte a un interesse che è sicuramente germogliato e ha trovato fortuna in un vasto ambiente culturale tra Ottocento e almeno la prima metà del Novecento. Ciò non esclude, ma anzi ha potuto moltiplicare le possibili influenze, le ibridazioni teoretico-metodologiche, le adesioni o i rifiuti spontanei a interpretazioni sull’argomento, persino le ‘sovrapposizioni’; e va tutto a vantaggio di una prospettiva storico-filosofica aperta che si è nutrita e arricchita in modo spesso indiretto e autonomo, ma straordinario. Sotto questo profilo il contributo di Koyré è stato sicuramente fra i più originali e duraturi» (p. 152).