ALESSANDRA CIATTINI, "Incontri e conflitti culturali in America Latina e nel Caribe" (2)

Alessandra Ciattini, Incontri e conflitti culturali in America Latina e nel Caribe, Roma, CISU, 2013


Recensione di Nicoletta Capotosti

Questo libro presenta nove articoli scritti dall'autrice in differenti occasioni e tutti concernenti il tema enunciato nel titolo: l'incontro/scontro tra la civiltà europea e quelle extraeuropee di matrice amerindiana e afroamericana. Sebbene si tratti di interventi in sé compiuti, ciascuno dei quali espone un particolare aspetto del fenomeno indagato, essi non sono accomunati esclusivamente dall'oggetto, del quale viene comunque scandagliato il contesto storico in un prisma di situazioni sociali riferite a varie epoche, ma anche - come la stessa autrice rivela nell'introduzione - da due elementi che costituiscono lo sfondo metodologico in cui si innesta la ricerca realizzata dalla Ciattini nel campo dell'antropologia religiosa: una netta presa di posizione contro il relativismo estremo e una particolare attenzione al fenomeno del sincretismo.

Sul primo tema – centrale nel dibattito epistemologico sin dalle origini dell'antropologia scientifica – il postmodernismo raggiunge toni parossistici, evocando (con Geertz) la dissoluzione delle categorie antropologiche e la morte dei paradigmi olistici. La questione è affrontata in modo diretto nell'ultimo dei saggi qui presentati, ma viene già esplicitata nella premessa metodologica. Questo richiamo è opportuno nella misura in cui l'intento del libro è teorico e non meramente descrittivo: sarebbe quindi impossibile procedere in un'analisi delle dinamiche legate al sincretismo, senza ricorrere a categorie concettuali aliene tanto alla mentalità extraeuropea, quanto al cosiddetto senso comune. Citando Gramsci, l'autrice afferma in modo netto che il senso comune genera mistificazioni della realtà perché impedisce di elaborare una «nozione di totalità, senza la quale è impossibile avere una visione realistica e oggettiva del contesto in cui si vive» (p.10). Compito dell'antropologia è dunque mirare alla visione d'insieme (totalità), esito ideale di un progressivo distacco (decentramento) dalla realtà vissuta e precipuo obiettivo dello sguardo razionale-filosofico (quindi occidentale, appunto); in questo passaggio si compie il rifiuto di ogni relativismo, senza per questo - come l'autrice rimarca - esprimere giudizi di valore sulle varie concezioni del mondo. Che sia o meno condiviso tale assunto, va rilevata l'onestà intellettuale e il rigore metodologico che conferiscono al libro una densa dimensione teorica da cui scaturiscono, in un unico filo conduttore, i numerosi aspetti del sincretismo, filtrato in uno sguardo caleidoscopico - il corpo dell'opera non è scandito in capitoli ma in interventi tematici distinti - di cui il lettore progressivamente si appropria.

Giungiamo così al secondo elemento trasversale ai nove saggi: il sincretismo, fenomeno della religiosità che costituisce propriamente l'oggetto della ricerca, e del quale vengono mostrate, allo scopo di darne una definizione unitaria, moltissime manifestazioni diversamente presenti nelle culture afroamericane e amerindiane. La caratteristica saliente dei fenomeni sincretici è quella che la Ciattini - fornendo un contributo originale all'antropologia religiosa - indica con l'espressione "Religioni dell'immediato" (p.95): si tratta di religioni in cui le pratiche rituali sono finalizzate a risolvere problemi della vita quotidiana, mancando qualunque proiezione in senso escatologico-progettuale. Il nucleo concettuale dell'argomentazione ruota attorno alla convergenza tra la mentalità sottesa a queste religioni e quella del già citato senso comune.

Gli scritti intitolati rispettivamente "Gramsci e la religiosità popolare cubana. Dall'istinto alla coscienza di classe" e "Pensiero concreto e religiosità popolare" forniscono – l’autrice lo conferma (p.9) -  le categorie concettuali necessarie alla costruzione dell’impianto analitico sotteso agli altri articoli.

Il sincretismo abita ogni religione, anche quella cattolica, sebbene esso sia peculiare delle credenze popolari e spontanee; servendosi dell'esempio della Santerìa cubana, la Ciattini ce ne mostra il ruolo sociale di resistenza, difficilmente ravvisabile senza il ricorso alla lettura gramsciana del folclore e della contrapposizione tra visioni ufficiali e visioni subalterne o popolari. La Santerìa, il culto di divinità africane sincretizzate con santi cattolici, «è stato lo strumento creato dagli schiavi neri e poi recepito da altri strati della popolazione, per difendere le proprie credenze ancestrali ricoprendole con un velo di cattolicesimo» (p.96).  Analogo lo schema seguito nell'altro articolo, in cui la religiosità popolare è affiancata al senso comune e analizzata attraverso la categoria piagetiana di pensiero concreto, qui proposta nelle interpretazioni di vari studiosi (Lévi-Strauss, Vygotskij, Hallpike e Boyer).

In "Metodologia e teologia della evangelizzazione cattolica e la loro influenza sulle cosmovisioni indigene", i concetti di estirpazione e inculturazione ci mostrano il volto di un sincretismo prodotto dal colonialismo europeo del XVI secolo nei territori amerindi e sopravvissuto nel XX secolo  (operante, ad esempio, nelle strategie del concilio vaticano secondo).

Il saggio intitolato "Alla ricerca di un'immagine positiva dell'evangelizzazione: Cristoforo Colombo e Santa Rosa da Lima" concentra la sua attenzione sul ruolo che i santi patroni hanno per la costruzione di un'immagine della Chiesa positiva e moralmente accettabile. Anche questo uso strumentale - che la chiesa mette in atto servendosi del processo di sincretismo - getta luce su una dinamica significativa del senso comune, qui concepito come il protagonista delle pratiche folcloriche legate al culto dei santi patroni.

L’articolo successivo adotta ancora un'altra angolatura, descrivendo dettagliatamente il contesto rituale di una celebrazione: la processione del Senor de los milagros, organizzata a Roma da peruviani e latinoamericani, ivi residenti da anni. Il fenomeno sincretico è posto qui in relazione a quello della globalizzazione. L'autrice mostra che il rito analizzato è funzionale a creare relazioni, in cui appaiono chiaramente i confini tra cultura dominante e cultura subalterna, tra immigrati peruviani, Stato italiano e Vaticano. Ne emerge una dinamica in cui il sincretismo, «per imporsi, può essere legittimato solo da un centro di potere dove la chiesa riconosce la figura del Senor de los Milagros come se in essa l'elemento indigeno fosse stato riscattato dalla miracolosa persona del Cristo» (p.79).

Una bellissima ricostruzione storica del sincretismo a Cuba, ci è offerta in "Cubanità, mitologia e ideologia politica"; anche qui è riconoscibile un andamento dialettico sotto il profilo metodologico: i primi paragrafi preparano al lettore quella strumentazione concettuale che, in un secondo momento, si mostrerà efficace nell'interpretazione di un caso concreto (il mito cosmologico degli oricha); solo nelle ultime pagine, viene svelata, facendola scaturire dalle premesse come sintesi di un processo dialettico, l'etica eroica. Essa sgorga dalle trasformazioni del contesto storico in cui il sincretismo afro-americano era nato, consentendogli di ingrandirsi; già espressione di una resistenza all'acculturazione religiosa imposta, questo immaginario si diffonderà - dopo l'abolizione della schiavitù, avvenuta in seno alle guerre di indipendenza - divenendo religione dei gruppi subalterni, marginali e dominati. L'etica eroica (Miguel David Limia) è un atteggiamento che, rifiutando ogni escatologia e individuando il fine della vita umana nella vita stessa, consente al sincretismo mistificato e sotterraneo della tradizione cubana di emergere allo scoperto, animando la propria ribellione in una presa di coscienza rivoluzionaria, programmatica e positiva (di cui José Martì fu l'icona), che avvicina il senso comune alla consapevolezza filosofica, elevando la religione a un livello etico-pratico, ovvero a un ideale di emancipazione collettiva, pur restando confinata alla dimensione dell'immediatezza.

In diretta continuità con questo contributo, si pone lo scritto "Sincretismo e sincretizzazione. Due esempi cubani", il cui intento è innanzi tutto storiografico, ovvero vòlto alla ricostruzione storica del termine "sincretismo". Di nuovo l'assunzione teorica è fatta seguire da una sua verifica sul campo etnografico: ci vengono descritte quattro icone, prodotti del sincretismo cubano. L'autrice rintraccia per ciascuna di esse l'elemento celato dietro alla sembianza cattolica.

Chiudono l'opera due contributi a caratterizzazione epistemologica: il primo "Tra madonne e cemì", ci mostra come l'adozione di una certa prospettiva storiografica modifichi la lettura dei fenomeni sincretici (sull'esempio dei cemì e della Virgen de la Caridad del Cobre).

L'ultimo scritto "La civiltà coloniale europea tra dialettica e frammenti" costituisce un corollario agli altri articoli nella misura in cui affronta le ragioni che spingono la Ciattini a rifiutare l'approccio postmoderno, tema già premesso nell'introduzione: interculturalità e relativismo estremo sono due atteggiamenti indissolubilmente legati. Facendo dialogare i grandi protagonisti del dibattito contemporaneo sul colonialismo (Clifford e Césaire tra gli altri), l'autrice indica nelle contraddizioni della società contemporanea il luogo in cui cercare i caratteri della sua unità, e nell'approccio dialettico l'unica via capace di smascherare uno dei principali aspetti che si celano dietro le differenze culturali: l'intimo legame tra le varie "forme di vita" e l'ordine sociale capitalistico.