ELEONORA PAGNOTTA, Dal pentecostalismo al transpentecostalismo. Il caso della Iglesias Universal del Reino de Dios in Messico

Eleonora Pagnotta, Dal pentecostalismo al transpentecostalismo. Il caso della Iglesias Universal del Reino de Dios in Messico, Roma, Aracne, 2016. 

Recensione di Nicoletta Capotosti

«Ero un predicatore" - disse gravemente l'uomo - "Ero il reverendo Jim Casy, del Roveto Ardente. Gridavo il nome di Gesù e la sua gloria . E in quel canale ci ficcavo tanti di quei peccatori pentiti che metà rischiavano d'annegare. Ma ora non più. [...] Ora non predico più. Lo spirito la gente non ce l'ha più; e la cosa più brutta è che manco io  ce l'ho più. Magari ogni tanto lo spirito si smuove e allora un rito riesco a combinarlo, o quando mi danno da mangiare gli dico pure una preghiera, ma il cuore non ce lo metto. Lo faccio solo perché se lo aspettano» (John Steinbeck, Furore, Bompiani, Milano, p.28)
 
«Devo parlare colla gente che è andata via. Sento che ci devo parlare. Avranno bisogno di un aiuto che nessun predicatore può dargli. Sperare nel paradiso, quando la vita non l'hanno vissuta? Spirito Santo, quando il loro spirito è avvilito e triste? Avranno bisogno d'aiuto. Devono vivere prima di poter morire» (Ivi, p.74)

«Preghiamo il Signore che un giorno i bambini avranno tutti da mangiare. E le associazioni dei proprietari sapevano che un giorno quegli uomini avrebbero smesso di pregare. E sarebbe stata la fine» (Ivi, p.333)

 

 

Il libro di Eleonora Pagnotta espone l'esito di una ricerca sul campo realizzata dall'autrice sulla diffusione del neopentecostalismo in Messico. Lo sfondo dell'indagine è eminentemente antropologico, ma anche storico-religioso e sociologico, come specificato nelle pagine introduttive, oltre che nella bella prefazione di Paolo Naso.

L'autrice fornisce innanzi tutto una prova convincente del fatto che i dati etnografici assumono valore scientifico solo se inseriti in una cornice teorica scelta preliminarmente dal ricercatore come ipotesi, da sottoporre al vaglio degli elementi ricavati sul terreno.

Qui il presupposto teorico riguarda la stretta correlazione tra la globalizzazione e le rivendicazioni identitarie veicolate dalla dimensione religiosa; esso è ben tematizzato e nitidamente sviluppato nelle sue varie ripercussioni teologico-dottrinali, sociali, politiche e economiche, ovvero culturali in senso ampio.

La prospettiva, illustrata nei primi capitoli, assume quindi la funzione di una rete attraverso cui i dati - ricavati dall'analisi delle fonti e dall'osservazione partecipante - sono filtrati e interpretati. 

Il quadro che emerge mostra come la religione sia uno strumento di rivendicazione identitaria tanto più efficace quanto più difficili sono le condizioni di chi vive in contesti alterati in modo spesso drammatico - emblematico l'esempio dell'America Latina - dalla globalizzazione economica e culturale, producendo fenomeni di impoverimento della popolazione, di omologazione e smarrimento della dimensione socio-affettiva.

La bibliografia di riferimento ha il pregio di includere molte ricerche specifiche sugli effetti della globalizzazione nelle aree di interesse e numerosi studi sulla religiosità autoctona e sui cambiamenti avvenuti negli ultimi decenni in merito al rapporto tra proselitismo e politica. Va sottolineata l’importanza del legame - rilevato dall’autrice - tra la religione neopentecostale e gli interessi dei grandi poteri economici messicani: dall'analisi emerge nettamente come le evoluzioni dottrinali del pentecostalismo siano funzionali a quei poteri e a chi ne beneficia. Da ciò si conclude che questa religione sia, più di altre, efficace nella funzione di supporto ai disagi esistenziali tanto diffusi nella nostra epoca.

 

L'apporto teoricamente più rilevante dello scritto è quello dato alla definizione di Transpentecostalismo, termine coniato da Leite de Moraes (p.188) e utilizzato da Eleonora Pagnotta per indicare la forma assunta dal pentecostalismo nel corso di decenni, conseguentemente alle modificazioni socio-culturali subite dal contesto latinoamericano. L'autrice assimila il profilo del devoto neopentecostale a quello del consumatore globalizzato. Numerosi sono gli elementi addotti a supporto di questa tesi. La versione pentecostale del cristianesimo mostra già all'origine (Charles Fox Pharham 1873-1930) una fisionomia dottrinale e motivazionale duttile rispetto alle esigenze esistenziali dell'uomo contemporaneo. Essa è inoltre annoverata dalla Pagnotta tra quelle religioni in ascesa (dopo la scomparsa dei blocchi) le quali presentano alcuni significativi elementi in comune: capacità di adattamento alle circostanze socio-politiche, centralità dell’esperienza individuale, carattere carismatico dei ministri di culto (p.42). Lo sviluppo del neopentecostalismo o corrente neocarismatica (p.90) accentua questi elementi e ne introduce altri che spiegano il suo grande successo e l’enorme diffusione che questa religione ha oggi nel mondo (solo in Messico ci sono più di 160 templi della IURD, una delle numerose denominazioni evangeliche, qui presa ad esame dall’autrice).

L’illustrazione del contesto socio-religioso latinoamericano apre la trattazione affrontando il fenomeno della globalizzazione in America Latina dove la crisi delle istituzioni religiose tradizionali è evidente e accompagnata dalla diffusione di nuovi movimenti religiosi. Questa dinamica si sviluppa in due direzioni, entrambe convergenti nel richiamo a sé, da parte della società globalizzata, della religione come risposta al senso di precarietà e incertezza largamente diffuso: da un lato l’attrazione verso religioni nuove che «incorporano valori simbolici molteplici e eterogenei» (p.22); dall’altro «il fenomeno opposto di attaccamento alla tradizione, che spesso si tramuta in fondamentalismo» (ivi).

È subito enunciata l’ipotesi teorica che veicola l’intera indagine: le religioni di maggiore successo sono quelle che fanno propri i cardini della McDonaldization (termine con cui George Ritzer indica il «processo mediante il quale i principi che reggono il funzionamento dei ristoranti fast food incidono in maniera crescente in diversi aspetti della società nordamericana e in quella del resto del mondo» (Ritzer 1996:15, cit. p.24)). Tali parametri sono l’efficienza, la calcolabilità, la prevedibilità e il controllo.

In queste pagine la Pagnotta illustra efficacemente alcuni dei principali utilizzi del termine globalizzazione, affermando poi di adottarne l’accezione che meglio si confà alla storia dell’America Latina (ovvero la storia come “occidentalizzazione del mondo”, Houtart, cit. p.29): «la globalizzazione è quel processo in cui la stessa cultura viene quantificata e entra nella logica del profitto» (Houtart 2007:168, cit. p.29).

Tale sentiero induce l’autrice a concentrare la sua attenzione sul «parallelismo tra la crescita dell’economia informale e quella delle religioni popolari e dell’adesione a nuove forme di religiosità», nesso individuato da Bastian (cit. p.31) e qui assunto a ipotesi di lavoro per l’individuazione del ruolo - se non esclusivo certamente prioritario - svolto dalla religione neopentecostale come strumento di adattamento sociale.

L'analisi teorica procede dunque in direzione storico-religiosa: il secondo capitolo è dedicato alla ricostruzione della nascita e dell'evoluzione del pentecostalismo negli Stati Uniti. I caratteri originari di questo movimento religioso, risalenti al movimento metodista, si modificarono presto già con l'esperienza di Azusa Street, privilegiando target più emarginati della società come quello degli immigrati, soprattutto africani. I culti assunsero così fisionomie fortemente sincretiche, come gli spirituals. È però con la diffusione del movimento in aree maggiormente colpite dalla povertà e dalla disoccupazione come l'America Latina che il pentecostalismo si evolse in nuove forme del tutto conformi alla condizione dell'uomo vittima della globalizzazione.

Il terzo capitolo è dedicato all’Iglesia Universal del Reinos de Dios (IURD) fondata in Brasile, caso scelto da Eleonora Pagnotta per la sua ricerca di campo. Il luogo della ricerca è il Messico.

Le fonti provengono soprattutto da materiale documentale e da interviste realizzate con i fedeli incontrati nei tre templi della IURD frequentati dalla studiosa, la quale - essendo stata identificata dagli obreros, assistenti del pastore con l’ulteriore ruolo di fare proseliti - ha progressivamente effettuato alcune modifiche alla strategia per il rilevamento dei dati. I contenuti di alcune interviste sono riportati nel testo con commenti dell’autrice che – con perizia - ne ricava informazioni significative, non subito palesi all’occhio del profano; gli altri compaiono nelle appendici.

I dettagli della ricerca di campo sono in generale avvincenti e l’autrice avrebbe potuto soffermarsi maggiormente sulla loro narrazione.

La IURD - per la quale l’utilizzo del termine transpentecostale si giustifica sia sulla base del carattere transnazionale che la identifica, sia per il duplice suo possesso di elementi pentecostali e neopentecostali (p.188) - è un’organizzazione fortemente centralizzata e piramidale; è chiusa nei confronti del mondo esterno al punto che né i fedeli né i pastori concedono interviste sulle dinamiche interne, su alcuni aspetti del culto o sulle pratiche di proselitismo; fa ampio ricorso ai media per la sua diffusione e utilizza in modo molto sottile il discorso ideologico. A questo proposito è di grande interesse il linguaggio con cui si propaganda la pratica delle donazioni in denaro da parte dei fedeli. L’autrice ne propone un’approfondita analisi.

Un altro elemento di rilievo sul piano antropologico è la centralità della dimensione corporale, qui - contrariamente alla tradizione pentecostale - funzionale alla legittimazione di pratiche di guarigione e liberazione.

Dal caso emblematico della IURD, la studiosa ricava la categoria di consumatore religioso, sintesi della ricerca e conferma dell’ipotesi iniziale. Il quarto e ultimo capitolo ha quindi l’obiettivo di dimostrare che la «conversione alla IURD si pone in linea, in un certo qual modo, con la scelta, più o meno consapevole, di abbracciare il sistema di valori promosso dal modello consumistico tipico dell’economia neoliberista» (p. 203) I due paragrafi L’analisi dell’offerta religiosa della IURD e Il consumatore iurdiano chiudono la trattazione apportando numerose prove a conferma di questa lettura.