G. BENVENUTO, Stili e metodi della ricerca educativa

Stili e metodi della ricerca educativa

G. Benvenuto, Stili e metodi della ricerca educativa, Roma, Carocci, 2015

Recensione di Nicoletta Capotosti

 

Si segnala questo libro - consigliandone la lettura - non solo a coloro che stiano conducendo una ricerca in ambito pedagogico, ma più estesamente a chi si occupi di attività inerenti al campo delle scienze umane e sociali: ricercatori, educatori, professionisti di settore e anche chiunque sia interessato a questioni di stampo epistemologico sulla natura di queste discipline.

Il testo è in primo luogo diretto a chi progetti uno studio del fenomeno educativo. L'autore ci accompagna in tutte le fasi della pianificazione, spiegando le ragioni per cui gli elementi considerati siano necessari alla metodologia e debbano quindi essere esplicitati e definiti. Il presupposto di fondo – enunciato subito nell'introduzione – è che una ricerca, come autentico strumento conoscitivo, debba essere un'indagine sistematica, esplicita, intenzionale e logica. Questi criteri, tra loro intrecciati, forniscono il piano metodologico, ovvero «la riflessione sulle molteplici scelte e sulle diverse strategie che il fare ricerca implica» (p.12). Con tale affermazione è già lanciato un principio pedagogico non scontato – essendo spesso misconosciuto o contraddetto, anche quando retoricamente palesato dagli esperti – che bandisce ogni atteggiamento spontaneista.

«La metodologia è proprio un discorso riflessivo sul come scegliere e maneggiare metodi, incrementare e coltivare un atteggiamento di ricerca, operare con consapevolezza e riflessività. Mentre il piano del metodo rimanda alla conoscenza dei principali strumenti di indagine, il piano della metodologia concerne l'opportunità di riflessione sul loro uso e la consapevolezza nell'azione che si sviluppa» (p.15)

La propensione alla ricerca, infatti, è giustamente ritenuta dall'autore una caratteristica intrinseca alle professioni educative. Ecco quindi che l'attitudine alla riflessione sulle azioni, alla loro pianificazione e alla progettazione degli interventi diventa un bagaglio strumentale per chi opera in questo campo.

«L'atteggiamento di ricerca è dimensione imprescindibile nei processi educativi e per le diverse professioni educative. A diverso livello e con competenze varie, l'educatore, il docente, il dirigente scolastico e tutti gli operatori del settore pedagogico si trovano a porre domande, a riflettere sulle azioni compiute, a mettere alla prova i suggerimenti, le ipotesi e le teorie. La ricerca diventa stile di pensiero operativo e di lavoro».  (p.23)

L'autore fornisce ai lettori molteplici dimostrazioni pratiche di come la riflessione educativa possa concretamente operare. Il testo è ricco di di esempi e di dispositivi per l'analisi dei differenti contesti educativi. Allo stesso tempo obiettivo del saggio è quello di insegnare a progettare azioni e attività specificamente dirette a situazioni osservate o analizzate dal ricercatore, che si tratti di un insegnante, un operatore educativo genericamente inteso o un pedagogista. Molto apprezzabile è dunque il tentativo  di pensare la riflessione come processo al quale esercitarsi, che può e deve essere affinato attraverso la pratica. Questa precisazione dell’autore è molto utile per coloro che non si avvicinano naturalmente in modo problematico e filosofico alle questioni teoriche.

Il primo dei quattro capitoli esordisce con un'analisi del processo attraverso cui, dal pensiero comune – nel quale i fenomeni si presentano oscuri e appunto irriflessi – si giunge al «controllo delle ipotesi mediante l'azione» (p.33). Benvenuto adotta il modello proposto da Dewey. Le tappe del pensiero riflessivo sono le seguenti: la suggestione, l'intellettualizzazione, l'idea come guida o ipotesi, il ragionamento, il controllo dell'ipotesi mediante l'azione. Ogni operatore dei diversi settori che rientrano nella categoria "professioni educative" dovrebbe essere dotato di un atteggiamento  riflessivo e dunque della propensione alla ricerca (p.25).

Ciascuna ricerca in campo educativo adotta inoltre una prospettiva epistemologica che va esplicitata e che può rispondere a diversi modelli esplicativi. L'autore fornisce due esempi.

Quello di Burrell-Morgan contrappone l'approccio soggettivo – caratterizzato dal nominalismo sul piano ontologico, dall'antipositivismo epistemologico, da una metodologia idiografica e da una concezione volontaristica della natura umana – all'approccio oggettivo, il quale sostiene un'immagine determinista dell'uomo, prediligendo una metodologia nomotetica e una concezione ontologica realista.

L'altro esempio – tratto da Cohen Manion e Morrison – illustra diversi paradigmi metodologici: quantitativo-positivista, qualitativo-interpretativo e teorico-critico, caratterizzato da un taglio ideologico. Pur tenendo distinti i profili di ricerca – teoretico-speculativo, storico-comparato e applicato o empirico –, l'autore individua in quello empirico, arricchito da contributi paradigmatici anche esogeni, il più idoneo alla ricerca in campo educativo.

Il secondo corposo capitolo è dedicato alla pianificazione della ricerca. La pianificazione «consiste nel saper bilanciare le condizioni operative con le finalità conoscitive che il ricercatore si propone». Per questo il primo interrogativo da porsi è sulla reale necessità dell'indagine che si vuole compiere. La natura del fenomeno scelto e lo studio della letteratura sul tema sono le più immediate questioni da affrontare. Contestualmente alle indicazioni di metodo, l'autore fornisce un'utilissima rubrica con i più importanti siti di riferimento sulle tematiche pedagogiche.

L'analisi dello stato dell'arte lascia il posto alla delimitazione del proprio dominio. Il ricercatore dovrà dunque indicare i limiti della propria indagine, le sue condizioni di falsificabilità, gli obiettivi e i risultati attesi. Sulla base di questi elementi saranno formulate le prime ipotesi e le domande di ricerca; rispettivamente orientate all'individuazione di nessi causali e alla continua rimodulazione della direzione verso la quale dirigersi nell'indagine.

A questa prima tappa finalizzata alla definizione dell'orientamento epistemologico, seguono le fasi della progettazione. È qui che la trasparenza rispetto alle scelte effettuate sul piano metodologico ed etico diviene di primaria importanza. L'impianto complessivo di una ricerca è retto dallo stile che si adotta. Ogni singolo elemento ne è condizionato. Benvenuto lo dimostra con una capillare analisi dei differenti parametri necessari. Particolarmente articolato è lo sviluppo del controllo di attendibilità e validità:

«Si parla di diversi tipi di validità e di attendibilità in relazione al paradigma e all'approccio di ricerca utilizzati ed è importante che ogni ricercatore dimostri una coerenza proprio nel rispettare i diversi principi richiesti da tali paradigmi e approcci» (p.97).                                                 

Appoggiandosi alla proposta di Guba (1981) l'autore isola quattro parametri: valore di verità, applicabilità, consistenza, neutralità. Lo scopo dell'analisi è mostrare che quei criteri assumono una differente fisionomia nei due stili considerati in quel frangente: l'approccio scientifico-quantitativo e quello naturalistico-qualitativo.

Il terzo capitolo tratta lo stile della ricerca. Sebbene vengano presentati sei modelli, alcune caratteristiche sono ovviamente presenti trasversalmente o in più categorie dello stesso paradigma.

«Le metodologie qui presentate sono quindi opportunamente stilizzate, per discuterle separatamente, ma sempre più le ricerche integrano diversi stili e compongono piani di ricerca misti in base alla complessità e alle intenzioni di ricerca» (p.148)

Gli stili esaminati sono i seguenti: ricerca etnografica, studio di caso, ricerca-azione e/o valutazione, survey, ricerca per esperimento e ricerca misurativa. Ogni categoria è dettagliatamente descritta rispetto all'impostazione ontologica e a quella epistemologica prima di essere messa alla prova con il riferimento a casi specifici di ricerche dottorali prese ad esempio. Tutti i paragrafi si chiudono con una tabella riassuntiva che funge da prospetto: scopi, punti focali, parole chiave e caratteristiche sono i criteri con cui l'autore entra nel dettaglio di ogni stile di ricerca. Per ogni tipologia, l'autore fornisce inoltre un'interessante ricostruzione storica del modello e una forbita e approfondita rassegna bibliografica, a volte commentata.

Il quarto capitolo è quello in cui emerge pienamente il carattere sistematico, già segnalato nelle prime pagine come elemento imprescindibile per una ricerca scientifica in campo educativo. La scelta degli strumenti per la raccolta dei dati – costituendo una delle ultime fasi della pianificazione – è ricavata dalla sovrapposizione di fattori concernenti lo stile della ricerca: l'orientamento epistemologico e quello ontologico determinano il paradigma adottato, veicolando quindi una certa nozione di verità, la quale, a sua volta, condiziona il criterio di validità.

«La scelta e l'utilizzazione degli strumenti per la rilevazione spesso si pongono come uno tra i primi passi della progettazione e della realizzazione di una ricerca. Ma seguendo lo schema operativo presentato dettagliatamente nel capitolo 2, abbiamo considerato la "definizione degli strumenti della ricerca" come passaggio successivo alle scelte di natura epistemologica e metodologica, necessarie per individuare lo stile di ricerca e operativizzare il disegno complessivo» (p. 187)

I consigli pratici e gli esempi si sviluppano sincronicamente a considerazioni teoriche già affrontate e motivate nei capitoli precedenti. Lo sfondo concettuale distingue tra tecniche quantitative, – praticate prevalentemente dal paradigma positivista le quali puntano ad un più alto grado di strutturazione per garantire una maggiore comparabilità tra soggetti – e tecniche qualitative con un basso grado di strutturazione che mirano all'analisi di realtà singole, come nel caso dell'osservazione partecipante, rispondente al paradigma interpretativo. Nonostante tale dicotomia, non dobbiamo pensare la divergenza tra i due modelli come un'opposizione binaria per cui solo uno dei due risulti migliore, più veritiero o più scientifico: «gli strumenti di rilevazione e raccolta dei dati puntano a essere il più aderenti possibile alla realtà da indagare. E' questo il principio base della validità di una ricerca» (p.194).

Questo enunciato apre una riflessione epistemologica sui criteri di validità delle scienze umane e sul loro rapporto con il paradigma delle scienze naturali. L'autore non manca di elencare una serie di limiti del metodo osservativo (e quindi del paradigma interpretativo), la consapevolezza dei quali  è però funzionale alla giusta conduzione della rilevazione. La questione è affrontata magistralmente attraverso una accuratissima descrizione dei diversi sistemi osservativi corredata da esempi pratici di strumenti per la raccolta di dati. Per l'osservazione sistematica ci vengono forniti diversi dispositivi: griglie di osservazione per la partecipazione alle attività, lista di controllo per l'osservazione delle attività didattiche e scale di valutazione; ma anche protocolli per il corretto uso dei dispositivi e per la loro progettazione.

Il medesimo schema è seguito dall'autore per le altre tecniche di rilevazione e raccolta dati (intervistare, narrare, misurare).